Quando nel 2020 Tim Merlier vinceva la sua prima tappa alla Tirreno-Adriatico, nonché la sua prima affermazione in Italia, non aveva ancora il pedigree che ha ora. Era la prima riapertura post covid dopo mesi di lockdown e la “Corsa dei Due Mari” si correva nell’inusuale contesto autunnale; di Merlier si diceva fosse un ottimo velocista in ascesa, seppur non giovanissimo visto che aveva già 27 anni. La vittoria di Senigallia davanti a Pascal Ackermann, però, lo ha catapultato in una nuova dimensione, che lo ha portato nel giro di due anni ad essere uno dei migliori sprinter in circolazione.
Nativo di Wortegem-Petegem, nelle Fiandre, per tutta la prima parte di carriera ha dato spazio al ciclocross, una disciplina che, come hanno ampiamente dimostrato Wout Van Aert e il compagno di squadra Mathieu Van der Poel, è molto propedeutica alla strada. Non che non avesse mai corso su strada, perché fin da junior si testava in qualche corsa all’interno dei confini nazionali, ma il focus è rimasto per molti anni sul fuoristrada, sui prati e sul fango. Pur arrivando a livelli altissimi, nel ciclocross non si è mai imposto del tutto (7° al mondiale di Valkenburg nel 2018), mentre dall’altra parte le prestazioni su strada erano sempre più convincenti e le vittorie cominciavano ad arrivare (senza contare che il ritorno economico per le gare su strada è ampiamente superiore agli eventi di ciclocross).